Spiccioli di Cassandra/ L’insopportabile fragilità di Internet
(485) — E se al di sopra di un problema grosso ci fosse un problema più grande?
Povera Facebook!
6 ottobre 2021 — Di scomparire non si augura a nessuno, nemmeno all’incarnazione del Male. Ma se alla base di un problema descritto in termini di sigle come BGP, IGP, DNS che si sono “scassate” ci fosse un problema più sottile?
No, Cassandra non parla di complessità eccessiva. Gli organismi naturali sono ancora più complessi e funzionano tranquillamente. Nemmeno di insiemi di tecnologie fuori controllo, perché anche in campo tecnologico l’evoluzione, alla fine, tende alla stabilità. Parla di un problema di formazione, anzi di educazione, anzi di semplice nozionismo.
Ai tempi di Cassandra, quando all’Università di Pisa illustri professori insegnavano “Reti di Computer” (si chiamava così, giuro), ti massacravano gli zebedei col modello ISO/OSI, cioè come le reti avrebbero dovuto funzionare in teoria, lasciando sistematicamente fuori della porta il mondo reale. Nel frattempo la pressione del TCP/IP lo insinuava dappertutto, come quando Blob filtra dai finestrini del cinematografo.
Spiegare come avrebbero dovuto funzionare le reti, invece di come funzionavano, ha danneggiato, oltre che la media dei voti di innumerevoli studenti, anche le loro menti: una generazione di futuri sistemisti che una volta laureati hanno dovuto trasformarsi in autodidatti per riuscire a lavorare. Poi il TCP/IP ha regnato dovunque; come la Morte Rossa, ma benigna.
Oggi il problema si ripresenta, a un livello diverso e più pervasivo, ma sempre per una carenza del sistema educativo. Mac address? Tabelle di routing? Indirizzi IP? Internet funzionava così negli anni ’70, ora non più!
Oggi adulti e ragazzi con un minimo di cultura informatica, diciamo dai 10 anni in poi, sono convinti di sapere come “funziona Internet”, e si sono portati dietro questa convinzione, rafforzandola negli anni con altre dosi di “informatica”, assunta per via scolastica, accademica oppure autodidatta. È su questa “base” mentale fallata che chi ne ha bisogno edifica successivi strati correttivi di nozionismo realistico, per poter lavorare come “professionisti di Internet” dai provider o nei datacenter.
Ma se è vero, come dicono le neuroscienze, che il quadro mentale con cui interpretiamo la realtà si forma nei primi anni di vita, questo vuol dire che l’Internet “d’antan” sta alla base degli schemi mentali, normalmente funzionanti, anche dei più qualificati “professionisti di Internet” odierni.
Forse è successo questo; come Mr. Hyde, una nozione per troppo tempo repressa è riemersa con prepotenza proprio mentre un competente ma stanco Jekyll, tecnico di un famoso social, stava facendo una importante operazione di configurazione, e ha provocato una “interferenza distruttiva” nelle sue azioni. E patatrac!
Basterebbe insegnare cose meno datate su Internet, su come funziona veramente, per costruire basi più solide nella mente di chi dovrà un giorno lavorarci? In fondo sono solo un pugno di protocolli e di concetti, che si possono spiegare in una manciata di ore di lezione.
Perché raccontare balle? Basterebbe raccontare le cose come sono, fatti, non propaganda.
Chi insegna davvero lo sa bene. Le fake news fanno solo danni.
Vale per come funziona Internet, e anche per tutto il resto delle cose che “scrivono” il mondo nella mente dei ragazzi.
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