Lampi di Cassandra/ Avere Wikileaks, essere Wikileaks
(195)— L’attacco al fondatore del sito che propugna la trasparenza e la diffusione delle informazioni èun danno alla libertà. E occorre salvaguardare il diritto acquisito (con Internet) di sapere.
23 agosto 2010 — Qualche tempo fa, di fronte ad uno dei tanti ricorrenti attacchi che Julian Assange ed il sito da lui fondato Wikileaks avevano subito (nel caso particolare da parte di Microsoft) Cassandra aveva scritto un articolo il cui scopo principale era far riflettere i suoi venticinque lettori se una società democratica basata sull’informazione potesse fare a meno di fonti informative così atipiche, in particolare quando “libere” fino all’eccesso.
La risposta di Cassandra era che no, non se ne poteva assolutamente fare a meno, essendo questa una delle poche difese contro la manipolazione delle informazioni che in una società basata su di esse è diventata una nuova arma di distruzione di massa e viene usata correntemente a fini di controllo sociale. In Italia dovremmo riconoscerne esempi molto significativi.
Ah, a proposito, su Wikileaks ci sono anche documenti italiani, anzi c’è una apposita sezione dedicata all’Italia: ci avevate mai pensato?
Le recenti vicende dei video sui massacri afgani e la diffusione dei 75000 documenti classificati del Pentagono, che hanno provocato interventi, sui media e sicuramente anche in altre sedi, del Presidente degli Stati Uniti, e successivamente le (apparentemente) maldestre iniziative per sabotare la “santa alleanza” tra Wikileaks ed il Partito Pirata svedese, dovrebbero aver dissipato ogni dubbio in coloro che, interessandosi di un argomento che la maggioranza del Popolo delle Rete trascurava, avessero avuto ancora qualche dubbio.
Intendiamoci, indispensabile per la libertà di informazione non vuol dire “innocuo”. Wikileaks è certo una iniziativa pericolosa: prima di tutto per il suo fondatore, poi per gli informatori afghani ed i militari statunitensi, poi (chissà) anche per i suoi finanziatori, magari anche per i suoi lettori o per chi spezza lance a suo favore.
Ma la vita stessa è cosa intrinsecamente pericolosa, anche quella in una società democratica in cui la democrazia (come la verità) è solo un’approssimazione più o meno precisa. Wikileaks stesso è fatto di luci ed ombre, e la mancanza di informazioni esatte su Assange, che lo rende così simile al Professor Jones, fa parte di queste ultime.
Di sicuro il fatto che Wikileaks sia diventata notizia da prima pagina in tutto il mondo, e abbia fatto perdere il sonno a molti grandi della Terra, è la conferma che si tratta di qualcosa di grande.
Persino ieri, sulla prima pagina domenicale di uno dei maggiori quotidiani italiani, c’è un interessante e dotto articolo di un giornalista che si interroga non tanto sulla vicenda di Wikileaks, ma sul suo grande significato per il mondo dell’informazione tradizionale.
E se è grande per i media “legacy” come i quotidiani, se è grande per la società dell’informazione, a parer di Cassandra non dovrebbe restare nessun dubbio se Wikileaks sia o no grande e positivo per la libertà dell’informazione e per il popolo della Rete.
E nemmeno se meriti di essere letto e difeso ed, ove occorresse, utilizzato.
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