Cassandra Crossing/ Wikipedia e la paura della libertà
(116) — Perché dovrei preoccuparmi del fatto che Wikipedia sia una enciclopedia e quindi possa fare più danno di altri strumenti di comunicazione? Anzi, perché dovrei considerare Wikipedia come una enciclopedia?
21 marzo 2008 — Ho letto con sorpresa la lettera a PI sul problema della diffamazione tramite Wikipedia, e con autentico raccapriccio il dibattito che si è sviluppato nel relativo forum.
Per chi non avesse voglia di leggere la lettera, riassumo brevemente (e spero correttamente) i termini della questione: si discuteva sulla necessità di identificare tutti i contributori di Wikipedia per poterli perseguire nel caso i loro interventi fossero giudicati diffamatori da qualcuno (vedi ad esempio il sindaco di Firenze).
Questo avviene perché il braccio italiano di Wikipedia (Wikimedia Italia) sostiene di non essere responsabile dei contenuti e quindi di non poter essere perseguito, analogamente ai fornitori di connessioni Internet che non dovrebbero essere perseguibili per quello che gli utenti fanno passare attraverso i loro router.
Ma i termini della questione mi interessano fino ad un certo punto, visto che la cosa sorprendente e raccapricciante (ovviamente dal mio punto di vista) è stata in realtà l’andamento della discussione sulla “necessità” di identificare le persone per motivi “legali” ma mi verrebbe da dire “legaloidi” per proteggere l’ipotetica reputazione ipoteticamente violata da un ipotetico diffamatore che, grazie al malefico anonimato (parziale) garantito da Wikipedia, avrebbe forse potuto farla franca.
Dalla lettera e dal forum sembrerebbe che tutti fossero d’accordo con questa concessione alla censura; anzi, nei forum trasparivano orgogliosi certi “io ho il coraggio delle mie azioni” al limite del celodurismo. Questo ragionamento ha solo apparentemente senso, ma è in realtà fallato da due questioni di base che vado ad elencare.
Perché per esercitare un atto positivo ed una mia libertà devo preoccuparmi di tutte le possibili conseguenze che questa opportunità potrebbe fornire ad un (esageriamo) criminale?
E’ una preoccupazione che dovrebbe spettare al legislatore che, dopo aver attentamente valutato l’effetto complessivo sulla società di una limitazione alle libertà individuali, dovrebbe decidere se in un bilancio costi/benefici il danno certo di limitare una libertà di tutti valga la prevenzione di alcuni ipotetici reati. Sulla sua decisione dovrebbe poi essere giudicato dagli elettori.
Perché invece ad invocare le limitazioni della mia ed altrui libertà è proprio chi gode della libertà senza nessuna intenzione di delinquere? E perché deve essere proprio lui a rimetterci una fettina di libertà? Tutto sommato per diffamare una persona bastano le buone, vecchie e mai represse lettere anonime, o basta una moderna email in un forum od in una maillist.
E per eventualmente punire la diffamazione bastano (visto che bastano per gli omicidi) le normali indagini di polizia.
Sintetizzando in un unica domanda: perché la privacy e l’anonimato devono essere visti sempre come fonte di problemi e mai per il loro valore, sia filosofico che civile?
Perché diavolo devono essere sacrificati sull’altare di qualsiasi stupidaggine?
E’ possibile che tutte le persone “normali” che si interessano di tecnologia e partecipano ai dibattiti di Punto Informatico debbano valutare zero la propria e l’altrui libertà?
Sono tutte persone che hanno studiato la storia e sanno perfettamente quanto è costata la libertà di cui alcuni, in alcuni paesi del mondo, godono oggi.
Esistono abbondanti leggi che puniscono la diffamazione indipendentemente dal mezzo usato per compierle.
Non bastano? Perché?
E perché sacrificare a questo un altro pezzo (piccolo ma importante) di privacy?
Fa tanto paura che teoricamente si possa fare via Wikipedia quello che si può fare con lettere anonime o manifesti per le strade? Allora si devono dichiarare illegali le lettere anonime e fare ronde arrestando chi attacca anche solo un adesivo alla fermata del tram senza essere iscritto all’”Ordine degli attacchinatori”.
Perché dovrei preoccuparmi del fatto che Wikipedia sia una enciclopedia e quindi possa fare più danno di altri strumenti di comunicazione?
Anzi, perché dovrei considerare Wikipedia come una enciclopedia?
Un’enciclopedia è un oggetto ed una istituzione completamente diversa, ed io che fino dall’età di 7 anni ho avuto la fortuna di poter consultare una splendida Treccani prima come avido lettore di informazioni, poi come curioso di cosa è e come funziona una enciclopedia, poi come acquirente degli aggiornamenti, poi come spettatore dell’evoluzione di chi la pubblicava, ed infine come possessore di uno splendido, ma ormai quasi inutile, oggetto da collezione, io non posso che ritenere falsa una premessa del genere.
Wikipedia è una espressione di cultura vera, non mediata da una istituzione, frutto delle opportunità che la Rete offre; ha più informazioni di una enciclopedia, non ha la maledizione della incapacità di gestire gli aggiornamenti, beneficia della capacità di autocorreggersi, e la sua popolarità non ne fa un’arma ma una benedizione che è a disposizione anche di chi non ha una lira per comprarsi un libro.
C’è solo una “apparente” logica nel ragionamento che siccome una enciclopedia può danneggiare molto la reputazione di qualcuno, che può essere usata in un (relativo) anonimato, e che quindi bisogna castrare una splendida iniziativa che funziona, si autoregola ed è di vantaggio per un numero grandissimo di persona per un sillogismo basato su opinioni “realistiche” ma non su fatti reali.
Sembra che i cittadini di certi stati europei e dell’Italia in particolare, si siano ormai tanto assuefatti ad uno Stato che non è al servizio dei cittadini, ma è uno stato paternalistico che i cittadini deve prima di tutto controllare, da cadere vittime della stessa sindrome ed invocare leggi che non esistono, di cui non si sente il bisogno.
Sono vittime di una sindrome di Stoccolma che porta ad innamorarsi della figura di un legislatore che ci ha rapito tanti diritti. Non posso che pensare che non sappiano ciò che dicono.
Le leggi sono la realizzazione di un contratto sociale che dovrebbe essere volto a massimizzare il bene della società nel suo complesso, che non coincide con quello di uno Stato non servitore del cittadino ma sempre più invadente, condizionatore e controllore.
La privacy e l’anonimato non sono disgiunti, e l’anonimato non è solo per la Banda Bassotti, ma anche per i cittadini onesti. Spendere contanti per non lasciare tracce è un diritto riconosciuto dalla storia, e quelli che riciclano denaro od evadono il fisco devono essere presi in altro modo, come del resto fanno in paesi dove l’evasione fiscale è molto minore che da noi.
E’ il potere dei mass media che ormai ha inconsciamente convinto anche persone ragionevoli e di cultura che esistano e si debbano combattere i pedoterrosatanisti che sghignazzando sbavano sulle tastiere mentre attentano alle nostre vite.
Le ha anche convinte che qualsiasi sacrificio sia per questo necessario?
Quanti punti interrogativi in questa pagina; mettiamone ancora un altro.
Hanno convinto anche voi?
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