Cassandra Crossing/ Paradiso raggiunto, e perduto
(87)— Dall’IBM 1130 con 8 KB di memoria, dalla febbre cyberpunk, dai primissimi computer personali, di strada se n’è fatta tanta, spesso sbagliando percorso, tanto che oggi si procede a zig zag. Con rassegnazione.
13 luglio 2007 — I poveri vecchi come me hanno ancora ben presente il mondo dell’informatica della fine degli anni ’70; mainframe con sacerdoti in camice bianco, schede di cartoncino e perforatrici a valvole che sembravano uscite da Dune; ricordo che quando si perforava un carattere con molti bit ad 1, la botta degli aghi era così forte che si sentiva tremare il pavimento.
C’erano anche i floppy da 8 pollici ed il famoso IBM 1130, con 8 KB di memoria centrale ed il pulsante antincendio, tanto caro ai film di fantascienza del tempo.
Allora i mezzi erano limitati, ma non le idee e la volontà di prevedere e costruire il futuro.
Non c’erano modem nelle case, e mentre i primi scrittori cyberpunk cominciavano a immaginare la Matrice, gli informatici ed anche gli hacker non riuscivano nemmeno ad immaginare la possibilità che qualcosa di simile si materializzasse.
Allora si lavorava con database su floppy o sui primi hard disk, ed i limiti della CPU, della RAM e dei dischi erano sempre lì a tarparci le ali.
Mentre sviluppavo su un Apple II un front end per la gestione di un albergo, dovevo contare i Byte per riuscire a farlo stare sul più monumentale hard disk dell’epoca, l’Apple Profile, che arrivava in una scatola di un metro cubo e costava più di una media cilindrata, ma poi forniva ben 5 MB.
L’immaginazione mostrava però un futuro di panorami idilliaci fatto di computer potentissimi che risolvevano ogni problema, che comunicavano tra loro e che tutti potevano permettersi; un semplice computer personale ed economico era l’utopia. Chi voleva pippolare a casa con un suo pc e disponeva di fondi limitati doveva scegliere; comprarsi il pc o l’automobile.
Si diceva che i computer avrebbero tutti comunicato tra loro; che invece lo avrebbero fatto per loro tramite le persone, che sarebbero esistite mail, web e chat, per non parlare di blog, aggregatori e Skype, era cosa aldilà dell’immaginazione di chiunque.
Tutto questo era “scientificamente” previsto fin dal 1964 dalla legge di Moore.
Oggi invece le risorse informatiche e telematiche sono ormai illimitate.
“No, non è vero — dirà qualcuno — la potenza delle CPU anche adesso non è mai abbastanza, e le schede grafiche e le consolle sono sempre vecchie e lente”.
A mio modo di vedere questa è la visione dell’informatica di oggi dal punto di vista di un “drogato” che deve inseguire la sua “dose” di inutile novità quotidiana. Lascio al lettore l’esercizio su chi o che cosa potrebbero essere definiti come le “droghe” ed i “pusher” della situazione.
Il nocciolo della questione può invece sintetizzarsi in due problemi.
Il primo è che malgrado la presenza di superstiti e sparute frange hacker nella società, nella massa delle persone che usano (ma meglio sarebbe dire “consumano”) l’informatica, mancano ormai completamente immaginazione e l’iniziativa; l’atteggiamento verso il computer è quello di tipo televisivo. Una televisione con qualche bottone in più.
Il secondo problema è che l’informatica ha ormai perso l’”innocenza” (se pure ce l’hai mai avuta). Di sicuro ne stanno diventando prevalenti gli utilizzi perversi, illibertari ed oppressivi; molti percepiscono questo come un problema e cominciano a rifiutarla, altri sono preoccupati ma pensano di non poter fare niente “perché ormai è troppo tardi”.
Ambedue gli atteggiamenti sono comprensibili ma profondamente errati.Sono due problemi enormi tra gli altri enormi problemi del nostro tempo; contrariamente ad altri, però, contengono anche l’indicazione della strada da percorrere per tentare di risolverli.
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