Cassandra Crossing/ Le nuvole minacciose di Internet
(211)— Il cloud come l’outsourcing. Vecchi stereotipi e paradigmi di business che invadono le stanze dei bottoni. E che lasciano gli utenti in balia di chi può staccare la spina alla Rete.
11 febbraio 2011 — All’orizzonte dell’Information Technology si addensano le nubi. Secondo la letteratura e la stampa che ne tratta tecnicamente, economicamente e come motore di progresso, sono senz’altro nubi leggere, rinfrescanti, che recano pioggerelline benefiche per le margherite e rinfrescano la calura estiva.
Sarà…
Certo la migrazione di applicazioni e servizi IT dai datacenter delle aziende al cloud permette indubbiamente risparmi e flessibilità. Da questo punto di vista tanti piccoli e medi datacenter migreranno nella nuvola, che dovrà però essere “alimentata” da grandi datacenter create dai fornitori di applicazioni e servizi cloud.
Un bilancio green positivo. Una creazione di nuovo business che per le aziende è ancora meglio. Una grande flessibilità e concorrenza nell’acquisto di servizi per le piccole aziende ed i privati.
Tutto bene dunque.
Beh, Cassandra deve fare il suo mestiere.
Per prima cosa un sguardo al passato: una quindicina di anni fa il nome di un’altra panacea cominciò a rimbalzare negli ambienti aziendali, soprattutto tecnologici, “outsourcing”.
Il razionale della cosa era potente e semplice: le aziende si devono concentrare sul loro core business, tutte le risorse economiche, umane ed organizzative, e delegare tutte le altre attività ad aziende esterne, specializzate nella fornitura di servizi.
Queste, a loro volta, avrebbero potuto usare la specializzazione su un solo servizio per realizzare economie di scala, creando business per loro e risparmi per le loro clienti.
E’ andata proprio così?
Beh, certo su questo si è innestata la globalizzazione selvaggia, che ha da una parte potenziato e dall’altra distorto questo meccanismo in teoria solo virtuoso.
E quello che spesso è successo è che i servizi di outsourcing si sono ridotti a servizi rigidi e di qualità medio bassa, che ove possibile hanno spostato posti di lavoro nei paesi emergenti (dove pensate stiano le persone che fanno assistenza telefonica ed help desk? Se va bene almeno in Polonia).
E’ successo che le aziende si sono ritrovate piene di costi “nascosti” che i bilanci non riuscivano ad evidenziare. Fino a quando i costi della cattiva qualità e della complessità di gestione dei servizi comprati in outsourcing ha reso necessario inventare una parola nuova: “backsourcing”.
Tecniche e metodi per riportarsi i servizi in casa, almeno quelli che visibilmente incasinavano l’organizzazione. E lasciando l’outsourcing per i servizi di pulizie, cosa che qualsiasi condominio fa da sempre senza aver bisogno di esperti di organizzazione.
Ma torniamo al cloud. Anche il cloud, oltre che sembrare un toccasana, è diventato termine di moda.
E’ pur vero che nell’IT le mode possono durare pochissimo, e che le discariche semantiche sono piene delle parole di moda del recente passato dell’IT.
Persino i fornitori di antivirus parlano di “cloud” per dei semplici prodotti che si scaricano dalla Rete e che si autoaggiornano “telefonando a casa” (purtroppo!).
Siamo tutti nel cloud e non ce ne eravamo nemmeno accorti.
Allora forse non è una rivoluzione ma solo un’evoluzione. Che apre nuove possibilità, ma anche nuove complessità e nuovi problemi.
Usare servizi essenziali nel cloud, come ad esempio i più classici servizi IT, database, servizi Internet, CMS, servizi contabili, EMS, crea problemi interamente nuovi.
Affidabilità e disponibilità. Protezione e sicurezzà dei dati, responsabilità e solvibilità dei fornitori di cloud.
Sicurezza, segretezza e privacy. Creazione di cartelli e quasi-monopoli. Controllo dei prezzi.
Si tratta di preoccupazioni e problemi appena accennati nelle prime offerte commerciali di cloud, e che stanno solo cominciando ad essere trattati nelle offerte, ma solo in termini di contrattualistica e di ridondanza.
Verrebbe da pensare che queste nuove “attenzioni” non nascano come prodotto dalle considerazioni industriali di chi fornisce i servizi, ma piuttosto come presa di coscienza dei primi clienti che cominciano a riconoscere, nella forma della nuvola, vecchi e nuovi problemi.
Verrebbe da dire che i fornitori di cloud, partiti alla rincorsa dei potenziali fatturati di un nuovo business, siano adesso alla rincorsa dei problemi posti dai più analitici dei loro clienti.
Una corsa dura. Ma tutto questo riguarda le aziende, il mondo economico.
Il cloud deve essere anche esaminato da una prospettiva ortogonale.
Cosa significa per le persone? Cosa per i loro diritti digitali, per la loro privacy, per il loro futuro in Rete? Cosa significa per il controllo sociale, non solo in Cina od in Egitto ma anche nei paesi a vocazione democratica?
L’Egitto, cosa che è sfuggita ai più, ci ha insegnato cosa succede della Rete quando lo Stato ha dei problemi. Altro che una rivoluzione nata dalle reti sociali.
La Rete è fragile, anche ora che è costituita quasi esclusivamente da connettività. Basta che chi ne ha il potere decida di “staccare la spina” e si rimane con pochi telefoni satellitari, pochi come i piccioni viaggiatori.
E quando la Nuvola conterrà tutto, dalla musica alla contabilità?
Quanto potere ci sarà nella mano che può staccare la spina?
Originally published at punto-informatico.it.
Scrivere a Cassandra — Twitter — Mastodon
Videorubrica “Quattro chiacchiere con Cassandra”
Lo Slog (Static Blog) di Cassandra
L’archivio di Cassandra: scuola, formazione e pensiero
Licenza d’utilizzo: i contenuti di questo articolo, dove non diversamente indicato, sono sotto licenza Creative Commons Attribuzione — Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale (CC BY-SA 4.0), tutte le informazioni di utilizzo del materiale sono disponibili a questo link.