Cassandra Crossing/ La vittoria del dumbphone
(280) — Applicazioni che chiedono attenzione, che la pretendono, che se la prendono. La scelta di Cassandra è irrevocabile: il telefono, è meglio non averlo troppo smart.
19 aprile 2013 — Doveva succedere prima o poi. Lui è li, sulla mensola, ancora nella sua armatura di cartone beige decorata di etichette e codici a barre, appena arrivato da un sito di e-commerce.
Aguzzando le orecchie si sente un risolino provenire dall’interno della scatola.
Lui certamente sorride, anzi ride, sapendo di essere dalla parte giusta, e di aver vinto, a tempo scaduto, in maniera imprevista ed in un certo senso sorprendente, un’importante partita.
Non si preoccupa di quando lo libererò dalla scatola, tanto la sequenza dei futuri eventi è già stata tracciata nei dettagli, sperimentando su di un suo fratello gemello regalato alla mia signora, bisognosa di sostituzione del suo cellulare.
Lo smartphone, che sta passando i suoi ultimi momenti nella mia tasca, uggiola come un cucciolo che sa di averla fatta grossa, ed aspetta le meritatissime giornalate dal padrone. Forti e severe, arriveranno a breve!
Infatti la decisione, sofferta e drastica, è ormai presa.
Con il semplice trasferimento dei contatti e dei numeri di telefono ed un reset ai valori di fabbrica, il primo e probabilmente ultimo smartphone di Cassandra andrà a far compagnia ai precedenti telefonini dismessi, alcuni antichi e belli e perciò conservati come cimeli sulla libreria.
E sulle motivazioni che hanno meritato al povero smartphone sì dura punizione, e che porteranno una vecchia ma vittoriosa tecnologia nella tasca e nella borsa, di solito altamente tecnologica di Cassandra, non vi è dubbio alcuno.
Anzi, essendo motivazioni esemplari, valgon certamente la pena di essere raccontate. Per una volta, quindi, niente profezie o storie inventate, ma una semplice cronaca di fatterelli quotidiani.
Tutto è iniziato quando Cassandra si è resa conto che il tempo dedicato al setup, aggiornamento e manutenzione dei settaggi dello smartphone, indispensabile per minimizzare le nefaste conseguenze per la privacy e per la flessibilità di utilizzo, non diminuiva, e che queste necessarie ma inutili operazioni le procuravano un continuo e crescente fastidio.
Qualsiasi applicazione si aggiornava o continuava a chiederlo, nuova pubblicità compariva in angoli dove non era mai stata, tutte le applicazioni pretendevano l’onnipotenza, incluso telefonare al suo posto, ed infine hanno iniziato a pretendere l’esclusiva di preziosi secondi o minuti del suo tempo.
Poi, la goccia che ha fatto traboccare il vaso: un’applicazione, aperta per fruire della sua funzionalità, ha detto che lei era gratuita, e che per poter continuare ad esserlo avrebbe dovuto far vedere un filmato pubblicitario.
Non “se per favore poteva” e nemmeno “o lo guardi o non mi usi più”.”Vabbè — diranno i 24 inteneriti lettori — che c’è di male in fondo? Anche molti siti web lo fanno”.
No, piccola ma enorme differenza: i siti offrono di solito il tasto “chiudi” dell’annuncio, anche se mimetizzato nei modi più fantasiosi, e comunque l’utente di un portatile può sempre decidere di chiudere la finestra del browser.
Ma quest’applicazione no: ha preteso di bloccare tutto, cominciare a scaricare un video e mostrarmelo, mentre io avevo bisogno di telefonare ad una persona dopo aver controllato, per l’appunto, le previsioni meteo. Dulcis in fundo (anche se non è la questione principale) a fine video ha piantato completamente il telefono.
Levata la batteria (mai successo prima di doverlo fare). Rimessa, utilizzando i minuti che trascorrevano tentando di agevolare l’operazione tramite l’uso di una serie di vocaboli e considerazioni inadatte ai minori.
Un paio di giorni dopo, stessa storia, solo che alla fine il telefono non si è piantato, ma tra scaricare e vedere l’annuncio l’infame applicazione ha comunque monopolizzato il mio telefono per due minuti.
Tentare di chiuderla, infatti, bloccava nuovamente il telefono, anche se stavolta spegnerlo e riaccenderlo senza dover levare la batteria è bastato. Per comprendere appieno la drastica decisione bisogna considerare che Cassandra, come tanti altri, ha sempre con sé il fedele portatile in standby, ed in effetti per vedere suo tramite le previsioni meteo ci mette quasi lo stesso tempo, mentre per prenotare un treno dieci volte di meno.
“Ma prenditi un pad invece di far tutto questo casino ed annoiarci con queste cavolate!” diranno (spero solo una parte) dei 24 indignati lettori.
Che se ne fa Cassandra di un pad con uno schermo abbastanza grande da non richiedere acrobazie visive? In tasca non sta, e portarselo sempre dietro in una borsa, borsina o custodia non è meno fastidioso che portarsi un portatile sottile. Quindi niente pad: ed allora, se si deve penare per aver in tasca qualcosa di più di un telefono che richiede di essere configurato, resettato, riconfigurato, e che continua oltretutto a mandare tuoi dati in giro a cani e porci, allora basta.
BASTA!Niente pad, niente smartphone, solo il fedele portatile ed un bel telefono solo per telefonare, senza sistema operativo, con software ahimè proprietario, ma ad un prezzo stracciato e con parecchie funzionalità utili che nemmeno lo smartphone precedente aveva o garantiva.
Perciò, caro mio vecchio (neppure tanto, 14 mesi) smartphone, mi dispiace ma almeno per la gente come me hai fatto il tuo tempo. Chi usa una tastiera come il più efficiente mezzo tra il proprio cervello e la Rete e possiede un portatile non ha bisogno di te: te ne sei approfittato troppo ed ora ne paghi le conseguenze.
Tornatene ad Amphitheatre Parkway, e strada facendo dì ai tuoi parenti che potrebbero ritrovarsi ad Infinite Loop da un momento all’altro.
Non so se il tutto si possa riassumere con il motto di un noto Capitano o di un nota bevanda alcolica, ma alla fine “ce l’abbiamo fatta”.
Buon dumbphone a tutti.
Originally published at punto-informatico.it.