Cassandra Crossing/ Il sussurro dell’Internet delle Cose

Marco A. L. Calamari
3 min readAug 16, 2022

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(318)- Un frigo parlante, una lavatrice chiacchierona, un tostapane ciarliero. Ad ascoltare sono in tanti, troppi. E le contromisure, a questo punto, non possono limitarsi all’invettiva.

23 maggio 2014 — Conoscete (se siete anziani) od avete rinvenuto sfogliando antichi vinili (se siete giovani) Alan’s Psychedelic Breakfast dei Pink Floyd? Pezzo fantastico: il lento risveglio dopo una notte di bagordi di una persona che va in cucina e da solo comincia a prepararsi la colazione, mentre le sue percezioni della cucina e delle cose che vi si trovano sono ancora alterate. Solo le percezioni sono alterate, la realtà è ancora “normale”, la padella è ancora una padella.

Passiamo velocemente ad un altro classico senza tempo: Colui che sussurrava nel buio, racconto di genere fantasy/horror del grande H. P. Lovercraft appartenente al ciclo di Cthulhu. Il protagonista va a trovare una persona che gli aveva scritto di aver scoperto una razza di invasori alieni, il quale lo accoglie in una stanza in penombra e gli chiede di stare lontano, dall’altra parte di un tavolo, perché la luce gli da fastidio in quanto malato.

In una visita successiva la persona non risponde più; il protagonista allora si avvicina, e scopre un paio di mani di cera dotate di impugnature che “qualcosa”, un’entità aliena e terribile, ha usato per gesticolare ed ingannarlo, ed un oggetto metallico che forse contiene il cervello del suo sciagurato corrispondente. Entità fangose provenienti da altre dimensioni lo avevano rapito e parlavano al sua posto, impersonandolo per chissà quale abominevole scopo.

Un respiro fondo dopo questo esercizio di alienazione e paranoia, ed andiamo al punto.

Questa dotta introduzione è stata ispirata da questo ottimo articolo di Wired intitolato Perché le migliori menti tecniche sono molto preoccupate dell’Internet delle Cose, che inizia con una splendida illustrazione che riassume tutto. Una persona in cucina sta bevendo il suo caffè, ed alzando la testa sorprende gli oggetti più comuni, dalla caffettiera al frigorifero, dal lavello al tostapane, che stanno sussurrando tra loro.

“Internet delle Cose” appunto. Gli oggetti si parlano, ma più che tra loro (Piconet) parlano con altri (Internet), ed agiscono non autonomamente ma almeno in parte sotto il controllo di… di chi? E comunque, per quali scopi?

E’ davvero rassicurante che siano venditori e pubblicitari, piuttosto che l’NSA, gli alieni o l’innominabile Cthulhu in persona? La risposta di Cassandra è ovviamente no, non fa differenza. Le due situazioni sono ugualmente preoccupanti.

Dal titolo dell’articolo si evince che gli esperti “iniziano” ad essere preoccupati. Caspiteronzola! Iniziano oggi ad essere preoccupati che 2 + 2 possa fare 4? E’ così difficile dedurre le conseguenze di un “Internet delle Cose” in cui le “Cose” siano costruite con la stessa cura e qualità degli odierni modem ADSL, smartphone, Nabaztag ed aggeggi di elettronica di consumo?

E’ difficile farlo nell’era del tecnocontrollo, dopo il Datagate?

C’è davvero preoccuparsi che l’”Internet delle Cose” possa essere costruita di oggetti il cui software/firmware, sarà di basso livello di sicurezza e basso livello di qualità, e che conterranno come sempre funzionalità nascoste? No, certo: infatti non è una possibilità che richiede attenzione e preoccupazione, è una certezza che richiede conoscenza e contromisure.

L’articolo di Wired ha completamente ragione, tranne che per un “dettaglio”: usa il condizionale, ma dovrebbe usare l’indicativo. Non descrive un pericolo, ma semplicemente un angolino del presente e l’intero mondo di domani.

Anche gli esperti cominciano a preoccuparsi? Una buona notizia.

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Originally published at punto-informatico.it.

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Marco A. L. Calamari

Free Software Foundation member, Progetto Winston Smith, convegno e-privacy, Cassandra Crossing, ONIF, MEP mancato del PP-IT, Nabaztag @calamarim@mastodon.uno